Ogni anno che passa questo periodo diventa sempre più motivo
di angoscia ed una terribile agonia,
un momento così internazionalmente felice
diventa per noi un’estenuante attesa di giudizio che finisce con un immancabile
verdetto: colpevoli, e quindi decapitate.
Eppure eccoci qui, sedute ad un tavolo in una piazza addobbata, al lume
di lucine natalizie ed abeti addobbati con palline luccicanti; avremmo dovuto
chiuderci in casa ma alla fine ogni occasione è buona per sfidare la fortuna
speranzose e cercare un barlume di serenità l’una negli occhi dell’altra, in
quattro chiacchiere falsamente spensierate ed in una serata che forse conserva
qualcosa di magico. Chi davanti ad un cocktail, chi con tristezza celata, chi
con un pensiero di troppo, chi con l’impazienza di finire un capitolo per
iniziarne uno nuovo, o forse, tutte con tutto. Amiche, sedute ad aspettare
l’immancabile verdetto, da scongiurare ancora una volta con un brindisi e un
sorriso, con degli auguri che rivolgeremo a noi stesse più che al nostro
interlocutore: “Buon Natale!”, e che lo sia davvero, che possa tirare un sospiro
di sollievo, che sia davvero finita, che da domani possa davvero andare meglio.
Unite da una spietata sorte, tra ovaie impazzite e occhiaie profonde, a tenderci
la mano ridendo in faccia al dolore, perché noi siamo speciali. Speciali,
davvero? Ce lo ripetiamo continuamente l’un l’altra, ce lo ripetiamo davanti a
uno specchio come ci si ripete di potercela fare prima di un esame, come ci si
ripete “che la pace sia con te”. Ma alla fine, ci crediamo davvero? Speciali ma
incomprese. Funziona davvero così? O è una comoda scusa per nascondere i nostri
sbagli a noi stessi? Per giustificare ogni mancanza con un passa parola di
colpe?
Forse la verità è che sbagliamo, e non a ripeterci che siamo
speciali, ma forse sbagliamo a non trattarci come tali. Ci sentiamo
straordinarie, mettiamo in questa immagine tutta la cura possibile tra
fondotinta di marca e correttori al limite della magia, pretendiamo di essere
trattate come principesse da chiunque non sia degno di nota, ma alla fine
continuiamo a sottovalutarci. Ognuna di noi con le sue crepe, ognuna con le sue
paure ma con un comune denominatore: nel profondo continuiamo a considerarci
così misere da permettere di svalutarci in cambio di felicità illusorie.
Potrebbe sembrare cinico, ma in fin dei conti, chi di noi si ama davvero? Chi
riesce a bastare a sé stessa? Chi riesce a considerarsi semplicemente per ciò
che è e ad amarsi al di là di ciò che impone un mondo crudele? Guardiamoci,
ammettiamolo: chi si vede brutta incolpando una diversa parte del corpo ogni
mese, chi si sente inadeguata, chi imposta la propria vita su fantasmi che
rubano il posto ad un centro che non dovrebbe essere diverso dal proprio
benessere. Chi si accontenta di un ragazzo, di un lavoro, di una situazione; chi
punta al premio di consolazione e chi non pensa di potersi permettere un sogno.
Appiattite, da un mondo che ci vuole addomesticare. Abbattute, da una società
che punta alla perfezione, in cui il verbo essere non esiste se non seguito da
un aggettivo. Sono BELLA, sono FELICE, sei SIMPATICO, sei INTELLIGENTE, è
RICCO. Sono, sei, è. Noi siamo,
punto. C’è dell’essenza in noi, una forza, dei sogni, una luce, e anche delle
rotture; ma noi siamo. Non abbiamo bisogno di aggettivi né di rafforzativi,
dovremmo trovare tutto il necessario senza guardare lontano, senza cercare un
riscontro eppure ancora permettiamo al mondo di sottovalutarci. La verità è che
finchè saremo noi in primis a svalutarci sarà come firmare una liberatoria per
essere considerate vetro invece che diamanti. E l’altra verità, ancora più
scomoda e deprimente, è che ciò che vede il mondo non è altro che uno sminuito
riflesso di ciò che vediamo noi, nient’altro che uno specchio, e quindi non
potremo mai pensare di essere trattate come principesse se nel segreto delle
nostre stanze ci sentiamo delle sguattere. La verità è che per quanto sia più
comodo negarlo, non possiamo fare altro che incolpare noi stesse.
Questo vuole essere il mio augurio di Natale: vi auguro di sentirvi delle principesse, dei diamanti, delle luci immense così come io vi vedo; sempre e nonostante quello che vede qualcun altro in voi. Vi auguro di mettervi al primo posto e di non sottovalutarvi mai, vi auguro di regalare alla persona nello specchio un sorriso e un po’ di clemenza, vi auguro di riuscire a supportarvi e a sopportarvi, perché in tutto ciò sta la vera forza. Siate indipendenti e fidatevi solo di ciò che voi vedete in voi stessi, non importa se il mondo vi vede come un fallimento, se voi vi vedrete vincenti alla lunga vincerete. Il nostro sbaglio, forse, è quello di permettere a qualcun altro di definirci, dandogli un’importanza tale da avere voce in capitolo su ciò che meritiamo o meno, sminuendo noi stessi e peccando di sfiducia verso ciò che ci accompagnerà per tutto questo viaggio: il riflesso nello specchio. E non importa quanto sarà difficile, quante volte vacilleremo, quante volte saremo sul punto di cedere, quante volte dimenticheremo la donna nello specchio in nome di chissà cosa; se riusciremo a metterci al primo posto, a crederci noi per primi, ad amarci noi per primi, prima o poi il mondo si renderà conto di quanto ha sbagliato, e sarà allora, che noi stapperemo un’altra bottiglia.
"Sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo"Dedicato alle mie amiche, fonte infinita di ispirazione