venerdì 25 dicembre 2015

La persona nello specchio - Auguri Alternativi

Ogni anno che passa questo periodo diventa sempre più motivo di angoscia ed una terribile agonia,
un momento così internazionalmente felice diventa per noi un’estenuante attesa di giudizio che finisce con un immancabile verdetto: colpevoli, e quindi decapitate.  Eppure eccoci qui, sedute ad un tavolo in una piazza addobbata, al lume di lucine natalizie ed abeti addobbati con palline luccicanti; avremmo dovuto chiuderci in casa ma alla fine ogni occasione è buona per sfidare la fortuna speranzose e cercare un barlume di serenità l’una negli occhi dell’altra, in quattro chiacchiere falsamente spensierate ed in una serata che forse conserva qualcosa di magico. Chi davanti ad un cocktail, chi con tristezza celata, chi con un pensiero di troppo, chi con l’impazienza di finire un capitolo per iniziarne uno nuovo, o forse, tutte con tutto. Amiche, sedute ad aspettare l’immancabile verdetto, da scongiurare ancora una volta con un brindisi e un sorriso, con degli auguri che rivolgeremo a noi stesse più che al nostro interlocutore: “Buon Natale!”, e che lo sia davvero, che possa tirare un sospiro di sollievo, che sia davvero finita, che da domani possa davvero andare meglio. Unite da una spietata sorte, tra ovaie impazzite e occhiaie profonde, a tenderci la mano ridendo in faccia al dolore, perché noi siamo speciali. Speciali, davvero? Ce lo ripetiamo continuamente l’un l’altra, ce lo ripetiamo davanti a uno specchio come ci si ripete di potercela fare prima di un esame, come ci si ripete “che la pace sia con te”. Ma alla fine, ci crediamo davvero? Speciali ma incomprese. Funziona davvero così? O è una comoda scusa per nascondere i nostri sbagli a noi stessi? Per giustificare ogni mancanza con un passa parola di colpe?
Forse la verità è che sbagliamo, e non a ripeterci che siamo speciali, ma forse sbagliamo a non trattarci come tali. Ci sentiamo straordinarie, mettiamo in questa immagine tutta la cura possibile tra fondotinta di marca e correttori al limite della magia, pretendiamo di essere trattate come principesse da chiunque non sia degno di nota, ma alla fine continuiamo a sottovalutarci. Ognuna di noi con le sue crepe, ognuna con le sue paure ma con un comune denominatore: nel profondo continuiamo a considerarci così misere da permettere di svalutarci in cambio di felicità illusorie. Potrebbe sembrare cinico, ma in fin dei conti, chi di noi si ama davvero? Chi riesce a bastare a sé stessa? Chi riesce a considerarsi semplicemente per ciò che è e ad amarsi al di là di ciò che impone un mondo crudele? Guardiamoci, ammettiamolo: chi si vede brutta incolpando una diversa parte del corpo ogni mese, chi si sente inadeguata, chi imposta la propria vita su fantasmi che rubano il posto ad un centro che non dovrebbe essere diverso dal proprio benessere. Chi si accontenta di un ragazzo, di un lavoro, di una situazione; chi punta al premio di consolazione e chi non pensa di potersi permettere un sogno. Appiattite, da un mondo che ci vuole addomesticare. Abbattute, da una società che punta alla perfezione, in cui il verbo essere non esiste se non seguito da un aggettivo. Sono BELLA, sono FELICE, sei SIMPATICO, sei INTELLIGENTE, è RICCO. Sono, sei, è. Noi siamo, punto. C’è dell’essenza in noi, una forza, dei sogni, una luce, e anche delle rotture; ma noi siamo. Non abbiamo bisogno di aggettivi né di rafforzativi, dovremmo trovare tutto il necessario senza guardare lontano, senza cercare un riscontro eppure ancora permettiamo al mondo di sottovalutarci. La verità è che finchè saremo noi in primis a svalutarci sarà come firmare una liberatoria per essere considerate vetro invece che diamanti. E l’altra verità, ancora più scomoda e deprimente, è che ciò che vede il mondo non è altro che uno sminuito riflesso di ciò che vediamo noi, nient’altro che uno specchio, e quindi non potremo mai pensare di essere trattate come principesse se nel segreto delle nostre stanze ci sentiamo delle sguattere. La verità è che per quanto sia più comodo negarlo, non possiamo fare altro che incolpare noi stesse.

Questo vuole essere il mio augurio di Natale: vi auguro di sentirvi delle principesse, dei diamanti, delle luci immense così come io vi vedo; sempre e nonostante quello che vede qualcun altro in voi. Vi auguro di mettervi al primo posto e di non sottovalutarvi mai, vi auguro di regalare alla persona nello specchio un sorriso e un po’ di clemenza, vi auguro di riuscire a supportarvi e a sopportarvi, perché in tutto ciò sta la vera forza. Siate indipendenti e fidatevi solo di ciò che voi vedete in voi stessi, non importa se il mondo vi vede come un fallimento, se voi vi vedrete vincenti alla lunga vincerete. Il nostro sbaglio, forse, è quello di permettere a qualcun altro di definirci, dandogli un’importanza tale da avere voce in capitolo su ciò che meritiamo o meno, sminuendo noi stessi e peccando di sfiducia verso ciò che ci accompagnerà per tutto questo viaggio: il riflesso nello specchio. E non importa quanto sarà difficile, quante volte vacilleremo, quante volte saremo sul punto di cedere, quante volte dimenticheremo la donna nello specchio in nome di chissà cosa; se riusciremo a metterci al primo posto, a crederci noi per primi, ad amarci noi per primi, prima o poi il mondo si renderà conto di quanto ha sbagliato, e sarà allora, che noi stapperemo un’altra bottiglia. 

"Sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo" 
Dedicato alle mie amiche, fonte infinita di ispirazione 

mercoledì 16 dicembre 2015

Il Grinch dovrebbe essere donna

L'autrice in 'Outfit Grinch'
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Pensavo ai pensieri. In ognuno di noi ce ne sono molti: futili, pesanti, impregnanti, angosciosi e a volte una piccola percentuale di questi risulta felice. Tutti pensiamo, indistintamente, ma con una grande differenza: a qualcuno passano nella mente come un treno in corsa, lasciando dietro di loro semplicemente una scia acustica di circa 5 secondi, solo lievemente fastidiosa; ad altri invece rimangono, impregnando ogni singolo neurone di dubbi e domande, come una spugna intrisa di alcol che se tocchi con una ferita aperta non può fare altro che bruciare, fino a che non si decide di strizzare la spugna nonostante il bruciore non possa che aumentare nel mentre. Dieci minuti di dolore straziante e soffocante, ma poi basta, più o meno. Ecco, io faccio parte della seconda categoria, ma con la tendenziale aggravante di pensare troppo. Ed oggi pensavo. 
È quasi Natale, e ciò vuol dire che è anche quasi capodanno , e da quando ho iniziato ad essere una persona pensante questo periodo per me significa una sola cosa: bilancio. D'altronde sono una vergine e non posso fare a meno di fare piani e schemini, spuntando ciò che ho fatto in una confusionaria lista di obbiettivi, promesse a me stessa, propositi e  promemoria per evitare errori in un futuro; tanto meno posso rinunciarci quando si avvicina un periodo dove tutti ostentano felicità e gioia. 
In mezzo a queste lucine, a quest’aria di amore, a bambini che scrivono letterine e a persone freneticamente alla ricerca di regali, io cosa c’entro? La prima risposta, la più ovvia, è che c’entro per obbligazione: perché se fossi un ghiro, uno scoiattolo o qualsiasi tenero animaletto privo di dilemmi esistenziali a quest’ora sarei in letargo; e invece sono nata essere umano, o meglio, sono nata donna e come tale non solo sono predisposta geneticamente ad ogni tipo di dilemma esistenziale, ma anche socialmente determinata per inumidirmi gli occhi al pensiero di un vestito bianco. Ecco, probabilmente questo è esagerato, alla fine tutte noi siamo diverse, e come si può notare io faccio parte della categoria cinica, e che odia il Natale, tanto da chiedermi come mai chi ha inventato il Grinch lo abbia fatto brutto, verde, peloso e chiaramente di sesso maschile. Si, perché per come la vedo io, i veri Grinch sono belli, adorano i tacchi, e passano le loro serate a sorseggiare cocktail per arrivare a credere che le lucine sugli alberi sono stelle. Esagerato, ancora. Non posso negarlo, a volte sono seriamente teatrale, ma ad ogni modo, perché il Grinch è un uomo? Piccoli residui di una società maschilista? O semplicemente la personificazione dell’ex della scrittrice del copione? (perché credetemi, chi l’ha scritto è decisamente donna, o con una sviluppata parte femminile, altrimenti non avrebbe mai pensato di poter cambiare un orco che detesta il natale in un tenerone verde che adotta una bambina, rompiscatole e fastidiosa per di più!). 
E poi parliamo dei regali, perché questa è un’altra cosa che detesto del Natale. Chiariamoci, non detesto i regali in sé, detesto il fatto che spesso diventano un obbligo socialmente ben visto della serie “lo faccio a lei perché lei lo fa a me”; mentre secondo me un regalo dovrebbe essere mosso da un pensiero più profondo, dal desiderio di rendere felice qualcuno che si vuole bene con qualcosa di materiale, nient’altro che un espediente per farlo sorridere. Non riesco a immaginare un’espressione più bella di quando si riceve una sorpresa solo perché chi l’ha vista passando davanti a una vetrina ha pensato a me; o a qualcuno che ti regala qualcosa per ringraziarti di un bel momento passato insieme, o semplicemente perché sapeva che ti serviva e l’ha trovata prima di te. Un regalo senza motivo, simbolo di premura, sintonia e purezza. Se i regali di Natale fossero così,  ben venga; ma cosa sono in realtà? Puro consumismo. Una tradizione spogliata di buoni propositi usata dai commercianti per vendere e da noi per travestirci di rosso buonismo contornato da falsità bianco pelo. 
Si, esatto: buonismo e falsità, totale ipocrisia; sul calendario spunta il primo dicembre e tutti sono più gentili, più felici, buoni e premurosi. Ma poi qual è la verità? Siamo davvero felici? Maschera o magia che riporta a galla il bambino che c’è in noi? In un mondo dove la manipolazione è giustificata e le brave persone sembrano estinguersi giorno dopo giorno, dove le bugie sono considerate ‘bianche’ se utili a raggiungere scopi e presone, in questo modo ‘reificate’; dove il politicamente corretto prende il posto dell’onestà e dove la gentilezza cede il posto alla maleducazione; non vedo spazio per la magia. In un tempo dove aiutare il prossimo come principio di umanità viene annebbiato dalla paura che possa succederci qualcosa, in un tempo dove l’individualismo viene confuso con l’egoismo;  io ho trovato la mia risposta, e come potrei cambiarla?!

"L'ironia è un dono che pochi hanno, prendersi troppo seriamente un difetto di molti, l'autoironia... beh quello è il segno che la persona che hai davanti è speciale"